venerdì 20 marzo 2009

Io, speriamo che me la cavo*

La fine di ‘sto mondo
a me non fa paura perché
da almeno un secolo
morto io sarò già,
e adesso ve lo dico
quel che succederà:

le capre dai pastori
Dio separerà:
a uno qua, a un altro là
e se un furbo
vorrà mettersi di qua
Dio lo vedrà.

Saranno mille,
mille miliardi almeno;
pastori, capre e mucche
più dei cinesi certo lo saranno,
ma in una delle tre porte
tutti quanti passeranno.

Fate silenzio tutti,
Dio dirà
e ad uno ad uno lì dividerà:
il sindaco e le capre
van di qua, e quelli buoni
tutti van di là

Il mondo scoppierà,
le stelle scoppieranno,
i buoni rideranno,
i cattivi piangeranno
e i bimbi del limbo
farfalle diventeranno…

Io…
Io, speriamo che me la cavo!




*Questa poesia è l’adattamento di un tema di un bambino di una scuola elementare della provincia di Napoli, inserito in una raccolta di sessanta componimenti , scritti da altrettanti bambini di quella stessa scuola.
Il volume si intitola proprio “Io speriamo che me la cavo”, ed è stato curato dal maestro della scuola Marcello D’Orta che, nella presentazione del libro, così spiega:
“ Quanti temi avrò letto nei miei dieci e più anni come maestro elementare di Arzano? Non lo so, ne ho perso il conto. Ma non il ricordo perché, ordinati o disordinati, tristi, giocosi e persino polemici, tutti hanno sempre detto e, a volte, dato qualcosa. Tanto che alcuni li ho conservati e ora ho voluto raccoglierne una sessantina tra i più ameni e sorprendenti, Credo che valga la pena di conoscerli. Colorati, vitalissimi, spesso prodigiosamente sgrammaticati e scoppiettanti di humour involontario, di primo acchito possono far pensare a una travolgente antologia di “perle”. Ma, per chi sa guardare, sotto c’è qualcosa di diverso e di più. Una saggezza e una rassegnazione antica, un’allegria scanzonata e struggente nel suo candore sottoproletario, una cronaca quotidiana ilare e spietata che sfocia in uno spaccato inquietante delle condizioni del nostro Sud.”