domenica 12 ottobre 2008

Il mio mare

Immobile sembra ‘sta sera
il mare sul quale di nuovo
sperduto io sono;
e la luna e le stelle
a guardarle
neppure mi sembrano belle,
ma solo Illusioni dipinte nel cielo
che giocan barando
col nostro bisogno d’amore, e con l’ansia
che cerca il futuro
ed insegue il mistero…
Ma intanto da solo
io devo vogare,
sono stanco ed ho sete
e beffarda è quest’acqua salata
di mare.
E navigo lento,
seguendo la rotta di incerti pensieri,
in questo
salmastro silenzio
spezzato soltanto
dal calmo scricchiare di remi e di chiglia
sul mare
per il mio pigro,
indolente,
obbligato
remare…
Poi,
ecco una lieve frescura
una brezza leggera
che asciuga il sudore dal corpo e,
appena accennato,
sul viso un sorriso disegna.
Ma nuvole scure,
veloci attraversano il cielo
un attimo prima ignorato
e sereno;
adesso c’è odor di tempesta
e il mare s’increspa;
il vento rabbioso
si sente impetuoso arrivare,
un batter di ciglia
ed è solo rumore
e sapore di mare.
Veloce dirigo
il dritto di prora
di fronte a quell’onda che sale;
l’affronto di petto,
ma quella mi piglia,
mi alza
m’affonda
mi fa riaffiorare.
La prua con forza rialza
e indietro violenta
mi scaglia, di nuovo
sparisco,
di nuovo,dal flutto riemergo.
E ancora
ancora
ancora più forte
più in alto
più sotto
più dentro le onde.
Non penso
ho paura
non posso remare…
qui c’è solo la furia del mare.

Si cheta alla fine
quel vento infuriato,
il mare s’arrende e,
obbedendo al mattino,
si placa, vestendo
del cielo Il colore,
azzurro zaffiro
tra bagliori di sole.
E tutto di nuovo ritorna:
la notte ha il suo giorno,
la morte la vita,
la furia incompresa dell’onda,
l’ euritmica quiete che, certa, ritorna.
Così,
Nel mezzo di questa distesa infinita
la piccola barca ancora barcolla;
ed io,
spazzato dal vento
ogni truce e pesante pensiero,
rinnovo il mio patto col mondo e,
rivolto un saluto alla notte,
ed uno più grato a quel giorno,
riprendo sereno a remare, guidato
da un suono segreto e soave,
in questo dolce,
invitante,
profumo di mare…

martedì 7 ottobre 2008

Fino all'ultimo piano...

Su
per la scala in ferro
adagio
sali in cielo.
Su per i trenta piani
di un fallico grattacielo,
sali,
tu lentamente sali
e, ad ogni piano,
un po’ del mondo,
di quello che sta sotto,
vedi…

I tetti butterati
d’antenne paraboliche
geometrici profili
disegnano nel cielo,
e l’orizzonte sfuma
e un poco si nasconde
nell’aria adulterata
col propano; lontano…
lamenti di sirene
incidono nel vuoto,
il vuoto
della vita di qualcuno

E sali,
ancora sali
e poco a poco cambia
quel che vedi;
in basso
chilometri di cavi
intrecciano solitudini
e destini, e tu
ormai prossimo alla vetta
ti gusti il mondo
che piano si confonde
mentre un aereo passa,
lì vicino.

Ecco
sei in vetta ormai,
eccoti in cielo,
il mondo in basso
è sparito per davvero
e tra quelle nuvole
si disperde il tuo pensiero
così,
con l’energia dell’ultima fatica,
alzi il tuo corpo in volo
e liberi nel vento
la tua vita

Di nuovo...

Nel vuoto,
creato da infrante illusioni
di sogni e di terre promesse,
gente indecente, rigonfia
di niente,
si è di nuovo
vestita elegante,
di nuovo
ha voce suadente


si è di nuovo vestita elegante
per sembrare importante.


Ancora una volta
povera gente ignorante,
usata e venduta
ad un’unica mente,
è pronta a tradire
sé stessa, i suoi figli
e questa Terra impotente.

(maggio 2002)